Il Giro "chirurgico" di Simon Yates e della Visma, quello esplosivo di Del Toro e solo discreto per i colori azzurri

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Stradagiro d'italia 2025

Il Giro "chirurgico" di Simon Yates e della Visma, quello esplosivo di Del Toro e solo discreto per i colori azzurri

Il bilancio complessivo dell'edizione 108 di una corsa rosa finita nelle mani del britannico, micidiale nell'unica tappa realmente impegnativa (oltre a quella di San Valentino dove Carapaz sembrava poter diventare padrone). Poker di tappe e ciclamino per Mads Pedersen, un Van Aert ritrovato e l'Italia che si aggrappa al "vecchio" Caruso e soprattutto al nuovo che avanza, Giulio Pellizzari. Grandissime delusioni per Roglic, Ayuso, Ciccone e Tiberi, ma le cadute sono state decisive.

Un Giro d’Italia, quello terminato domenica nel meraviglioso scenario di Roma, che ha regalato mille sorprese, un podio quasi del tutto inaspettato, poco azzurro (una vittoria di tappa come nel 2017 quando Nibali salvò il bilancio), tante cadute ma uno spettacolo, in termini di atteggiamento da parte dei corridori, che indubbiamente non è mancato nonostante un percorso oggettivamente disegnato male.

Sì, perché per due settimane le salite vere erano poche e piazzate lontane dal traguardo, gli sterrati di Siena hanno fatto la differenza anche per la caduta chiave che ha coinvolto Primoz Roglic, e da quel momento il grande favorito non è stato più tale, sino ad arrivare al ritiro come poco più tardi Juan Ayuso, l’altro uomo più atteso della vigilia che, quantomeno, si è consolato con la micidiale sgasata di Tagliacozzo.

Se la Red Bull-Bora Hansgrohe è stata solo parzialmente salvata in termini di successi singoli dalla fuga di Nico Denz a Cesano Maderno, la UAE Emirates si è aggrappata all’enorme talento di Isaac Del Toro: il Giro l’ha vinto Simon Yates, ma il classe 2003 messicano, alla prima vera esperienza sulle tre settimane visto che la Vuelta 2024 la corse, in buona parte, debilitato da un virus, è stato enorme attaccando senza risparmiarsi e al tempo stesso gestendo benissimo la maglia rosa per oltre dieci giorni (con una vittoria di giornata a Bormio, aggiungendoci quattro piazze d’onore e la maglia bianca di miglior giovane), anche se il momento chiave sul Colle delle Finestre l’ha visto andare in difficoltà non solo di gambe, ma anche sul piano tattico (ed è mancata completamente la squadra, questo va sottolineato).

Il secondo posto finale è un risultato straordinario, al tempo stesso il trionfo di Simon Yates, a quasi 33 anni dopo aver vinto ben 7 anni fa la Vuelta Espana, è ricco di significati e si può dire che il britannico, al primo anno in maglia Visma Lease a Bike, ha corso all’opposto di quel 2018 dove vinse tre tappe volando sino al crollo sul Finestre: sempre in difesa, per poi dare tutto proprio sulla stessa montagna che lo condannò alla prima grande avventura in rosa.

I “calabroni” si sono presi tutti nel momento che più contava, aggiungendoci poi il bis di Olav Kooij a Roma (con un treno favoloso lanciato da Affini e Van Aert) dopo la prima perla dello stesso Wout Van Aert sulle strade bianche, anticipando in Piazza del Campo proprio Del Toro: Yates non ha vinto tappe (e non ha mai neppure concluso una frazione nelle prime due posizioni), ma il suo successo è stato alla fine dei conti più che meritato per una gestione globale impeccabile.

Il podio l’ha completato Richard Carapaz, che ad un certo punto (al di là della gran stoccata di Castelnovo ne’ Monti, il suo unico timbro in questo Giro che per l’EF sono comunque due con Asgreen a Nova Gorica) sembrava il favorito dopo aver staccato tutti in maniera netta nel primo tappone, a San Valentino martedì scorso; se vogliamo, l’ecuadoregno dell’EF-EasyPost era il grande deluso alla fine dei conti puntando solo ed esclusivamente, le dichiarazioni delle ultime settimane sono state chiarissime in tal senso, alla vittoria finale per cercare l’accoppiata con il Giro del 2019.

Derek Gee ha chiuso gran quarto e per la Israel è un risultato di grande peso, lo è per vari significati pure il 7° di Egan Bernal (tornato a fare vera classifica quasi 3 anni e mezzo dopo l’incidente del gennaio 2022), anche se la Ineos Grenadiers raccoglie complessivamente poco, nonostante la crono vincente di Joshua Tarling a Tirana.

La Lidl-Trek si è presa ben sei tappe, con Mads Pedersen a piazzare il gran poker (una a testa per Hoole e Verona) con annessa maglia ciclamino da dominatore; gli sprint puri, però, sono stati pochissimi visto che a Lecce è emerso Van Uden, nel caso di Napoli ci ha pensato Groves prima dell’uno-due di Kooij. Malissimo Sam Bennett (Decathlon che comunque ha portato a casa una tappa con la fuga di Prodhomme a Champoluc) e in generale la Soudal-Quick Step, che contava sul giovane Magnier e, a parte la generosità di Cattaneo, soprattutto sulla classifica di Mikel Landa caduto e ritirato nella prima tappa.

Sorrisi per la Jayco-Alula grazie alle cavalcate degli australiani Luke Plapp e Chris Harper, per la XDS Astana con l’arrivo in parata di Scaroni e Fortunato nel tappone trentino e la maglia azzurra per lo scalatore.

Ecco, proprio dal bresciano e dal bolognese arrivano i due sorrisi tricolori in termini di vittorie (c'è anche il giorno in maglia rosa di Diego Ulissi, un premio alla carriera per il livornese), anche se a livello di classifica generale il 5° e il 6° posto di Damiano Caruso e Giulio Pellizzari hanno un peso specifico più importante: a quasi 38 anni, il ragusano è stato ancora il miglior italiano come nel 2021 (2°) e nel 2023 (quando fu 4°), correrà un altro anno ed è una garanzia, ma il futuro è chiaramente tutto del ventunenne marchigiano. Pellizzari, infatti, ha corso da gregario di Roglic (perdendo tanto tempo sugli sterrati e nella tappa del Grappa verso Asiago) per oltre due settimane, prima di assumere la leadership di uno squadrone come la Red Bull-Bora e risalire sino ad un grande piazzamento, condito dal 3° posto di tappa a San Valentino e da una costanza, sulle grandi montagne, che fa sognare già per il 2026.

Le grandi delusioni, ma le cadute in tal senso sono state decisive ed entrambe in quell’imbuto nel finale della frazione di Nova Gorica, rispondono ai nomi di Giulio Ciccone e Antonio Tiberi: l’abruzzese era nella situazione ideale per puntare al podio e fare finalmente una classifica di alto livello dopo l’11° al Tour del 2024, ma la sfortuna si è messa ancora di mezzo e nel caso del laziale, 5° al Giro dodici mesi fa, è stato lo stesso con Tiberi che si trovava, dopo due cronometro solide e senza aver perso terreno nelle tappe trabocchetto, perfettamente in linea per giocarsi qualcosa di grosso.

Visto come sono finite le cose col ribaltone di Yates, forse anche la vittoria finale.

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