Richard Carapaz anticipa i grandi favoriti e conquista l'oro olimpico: Van Aert 2°, Pogacar è 3°

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Richard Carapaz anticipa i grandi favoriti e conquista l'oro olimpico: Van Aert 2°, Pogacar è 3°

A Tokyo un trionfo storico per l'Ecuador, con il belga fenomenale costretto ad accontentarsi della volata per la piazza d'onore. Bettiol c'è, ma i crampi lo frenano e per gli azzurri arriva solo un 14° posto.

Una sorpresa solo parziale, visto che parliamo del vincitore del Giro 2019 e sul podio domenica scorsa a Parigi, sul terzo gradino del Tour.

Richard Carapaz conquista l'oro olimpico nella prova su strada, beffando i due grandi favoriti per il titolo a cinque cerchi più atteso, in primis un meraviglioso Wout Van Aert che fa la corsa, regge sul Mikuni Pass ma si trova, di fatto, a dover controllare tutti i rivali e viene anticipato dall'ecuadoriano e da Brandon McNulty, poi ripreso nel finale per una piazza d'onore (in uno sprint di gruppetto ad oltre un minuto dal vincitore) che replica le due del Mondiale di Imola 2020 e fa davvero male al belga.

Al fotofinish, WVA precede Tadej Pogacar, medaglia di bronzo davanti a Bauke Mollema, gran quarto per i Paesi Bassi e Michael Woods (Canada), quinto davanti allo stesso McNulty.

Una giornata amara per l'Italbici di Davide Cassani, che porta a casa solo il 14° posto di Alberto Bettiol, protagonista nell'azione decisiva sganciatasi dopo il Mikuni, a poco più di 30 km dal termine, ma stoppato ai -15 dai crampi. Il fiorentino arriverà ad oltre 3 minuti e mezzo in un gruppo con Gianni Moscon, ma senza quel problema si sarebbe giocato eccome la medaglia.

Per l'Ecuador un titolo olimpico storico nel ciclismo, un altro grande sigillo in carriera per Carapaz che, a 28 anni, mette in carniere la corsa a cinque cerchi dopo quella rosa di due anni fa. Per il paese sudamericano, è il solo secondo oro ai Giochi Olimpici in senso assoluto, 25 anni dopo Jefferson Perez nei 20 km di marcia ad Atlanta '96.

Una prova in linea, lungo i suoi 234 km caratterizzati dal caldo, che ha vissuto della fuga di otto uomini (tra i nomi noti il romeno Grosu e Juraj Sagan, fratello di Peter), ai quali sono stati concessi oltre 20 minuti di margine. Ai -95 km il primo forcing vero nel finale della scalata al Fuji, con l'Italia che utilizza Ciccone per imporre il ritmo assieme a Belgio e Slovenia, mentre ai -55 ecco le azioni di Caruso e Nibali, unica cartuccia sparata dai due siciliani, con Vincenzo sulla ruota di Remco Evenepoel che, però, si spegnerà anch'egli ben presto sul Mikuni.

I 6,5 km al 10,6% di pendenza media aprono la gara, come previsto, con l'attacco di Pogacar, la resistenza di Van Aert e il successivo ricompattamento di 11 uomini sul successivo falsopiano; ecco quindi ai -25 l'attacco a sorpresa di McNulty e Carapaz, dopo una serie di tentativi di Kwiatkowski, Fuglsang, Mollema e Schachmann. Questa volta Van Aert non può chiudere subito, i due arrivano ad accumulare sino a 45 secondi, ma il belga ai -10 riapre tutto tornando ad una quindicina di secondi di distacco.

Sull'ultimo strappo ai -6, però, anche le sue energie sono quasi terminate e Carapaz stronca l'ottimo McNulty, andando a prendersi un oro leggendario e lasciando solo la rabbia a Van Aert (un po' meno a Pogacar), che mercoledì proverà a cercare il titolo nella cronometro che vedrà protagonista, tra i grandi favoriti, Filippo Ganna.

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