La Visma scatena la bagarre, poi rovina la tappa regina che è di O'Connor. E Pogacar stacca ancora Vingegaard

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Stradatour de france 2025

La Visma scatena la bagarre, poi rovina la tappa regina che è di O'Connor. E Pogacar stacca ancora Vingegaard

Tpur de France, 18esima tappa: sul Col de la Loze è trionfo australiano, con Ben O'Connor che approfitta della folle tattica dei "calabroni" per andarsene in pianura dopo la Madeleine e anticipare di quasi 2 minuti lo sloveno, che nel finale chiude in maniera definitiva (anche se domani c'è La Plagne) i giochi per la maglia gialla. Lipowitz ci prova, ma rischia podio e bianca, mentre la verde è ormai cosa fatta per Jonathan Milan.

Era la tappa regina e non ha deluso le aspettative per quasi 130 km, poi tutto è cambiato nei 40 finali e alla fine, anziché l’attesissimo duello finale sulle rampe del Col de la Loze, il tetto di questo 112° Tour de France sopra quota 2300 mt, il trionfo nella frazione n° 18, la prima delle due alpine, lo firma Ben O’Connor.

Certo, non parliamo dell’ultimo arrivato e quello odierno è il secondo timbro sulle strade della Grande Boucle, a quattro anni dall’impresa di Tignes (di nuovo in una giornata difficile sul piano meteo, anche se quel giorno pioveva decisamente di più), per l’australiano che sblocca la Jayco-Alula. Il confronto tra Pogacar e Vingegaard c’è stato solo in parte, con lo sloveno poi a regolare nettamente nei 500 mt finali il danese, che dopo la giornata odierna sembra dover davvero alzare bandiera bianca in maniera definitiva, anche se l’ultimo tappone è già all’orizzonte e vedrà i corridori salire nel gran finale verso La Plagne.

I “calabroni” in maglia Visma Lease a Bike avevano fatto tutto bene sino ad un certo punto, a partire dalla fuga nata sul Glandon, quando mancavano poco meno di 130 km all’arrivo, con Matteo Jorgenson e un sorprendente Primoz Roglic che va all’attacco per provare a lottare per il podio nella generale, assieme ai vari O’Connor, Arensman, Gall e Lenny Martinez (che vince il primo GPM Hors Categorie, ma crollerà ben presto).

Sul Col de la Madeleine, la salita più dura con i suoi 19 km all’8% di media, ecco il vero forcing degli uomini di Vingegaard con Van Aert, Benoot, Campenaerts, Simon Yates e Kuss, prima della progressione del due volte vincitore del Tour quando mancano quasi 72 km alla conclusione e poco più di 5 alla cima: Pogacar risponde senza patemi, i due piombano in un amen sui fuggitivi, mentre Lipowitz prova a resistere ma comunque lascia sul piatto una quarantina di secondi.

Discesa a tutta per provare a mettere in difficoltà la maglia gialla anche su un altro terreno, ma appena arrivati ai 15 km in pianura prima dell’eterna scalata alla Loze (26,5 km al 6,5%), ecco che Jorgenson chiede collaborazione (come avrebbero potuto dargliela coloro che erano in fuga dal mattino o lo stesso Pogacar?) e a quel punto tutti si fermano, con il rallentamento che porta O’Connor ad attaccare seguito da Rubio e dallo stesso americano della Visma, che lascia da solo capitan Vingegaard e collabora pure al nuovo tentativo.

L’obiettivo teorico sarebbe quello di risultare da punto d’appoggio oltre metà della salita finale, ma ormai le energie di Jorgenson sono al lumicino e, mentre lui si staccherà poi dal duo O’Connor-Rubio già ad oltre 20 km dall’arrivo, dietro il passo è da scampagnata e lo spettacolo per il successo di giornata, al netto che Pogacar è stato sempre padrone della situazione (ma comunque privo di compagni nel momento in cui erano in 7 là davanti), in gran parte rovinato tanto che il gruppo Onley, 4° in classifica questa mattina, recupera 3 minuti in un amen e tutti gli uomini di classifica si ritrovano a quasi 4’ dalla testa ai piedi della Loze.

Tutti tranne Florian Lipowitz, che nel frattempo ha attaccato in pianura ma, da solo ad oltre un minuto da O’Connor e compagnia, poi crollerà nei km finali mentre l’australiano, ai -15, stronca pure Rubio e vola verso un successo pesantissimo. E dietro cosa succede? Beh, la Visma torna a tirare con Yares e Kuss, riprende Jorgenson che ormai è alla deriva (e non riuscirà a dare una mano ai compagni in alcun modo) ma le gambe sono finite pure per il britannico e l’altro statunitense, con la UAE Emirates che torna a comandare con Narvaez e Simon Yates nei 9-10 km conclusivi, prima del timido tentativo di Vingegaard a poco più di 2 km dal gong.

Per Pogacar non ci sono problemi, anzi sulle rampe sopra al 10% dei 400-500 mt finali stronca il danese, chiudendo 2° a 1’45” e con 9 secondi sullo storico rivale, che a sua volta precede di pochi metri un Onley ringalluzzito dal recupero in pianura e che può addirittura sognare il podio di Parigi.

Sì, perché alle spalle di Rubio (5°, perdendo la piazza d’onore nei 200 mt finali) e Gall, c’è un Primoz Roglic 7° ad un minuto dalla maglia gialla e in calo dopo una giornata in fuga, ma va ancora peggio al compagno Lipowitz, che paga oltre 3’30” dal vincitore, tra un solido Johannessen e un Vauquelin sempre in sofferenza e che cederà una posizione in GC a Felix Gall (l’austriaco della Decathlon ora è 6°, il transalpino dell’Arkéa 7°).

La nuova generale vede Tadej Pogacar padrone con 4’26” di gap su Vingegaard, la bellezza di 11’01” su Florian Lipowitz e ora per il giovane tedesco, pure maglia bianca, ci sono appena 22 secondi di vantaggio su Onley (la vera rivelazione del Tour, nonostante il grande Giro di Svizzera) e ancora 1’48” su Roglic, ma con mille rimpianti per la Red Bull-Bora Hansgrohe se pensiamo che, alla fine della discesa dalla Madeleine, entrambi i leader della compagine austro-tedesca avevano quasi 3 minuti di vantaggio su Onley…

La maglia verde sembra ormai cosa fatta per Jonathan Milan, che vince lo sprint intermedio ad inizio tappa e ha 75 punti di margine su Pogacar, al quale non basterebbe neppure vincere domani e poi domenica nella capitale (sabato ci sarà una giornata ideale per una fuga) per scavalcare il friulano.

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